Nel conflitto israelo-palestinese le parole dividono più dei fatti, mentre la tragedia umana continua e l’Europa resta senza una direzione chiara.
Mentre il conflitto tra Israele e Palestina continua a mietere vittime, il dibattito pubblico si concentra più sulle parole che sui fatti. Genocidio, sterminio, eliminazione: termini pesanti che dividono opinioni e fronti politici, ma che spesso distolgono l’attenzione dalla tragedia umana in corso. Le parole diventano bandiere, più che strumenti per comprendere la realtà.
In Italia, la polarizzazione è netta: la sinistra grida al genocidio, la destra minimizza. Intanto, l’Europa si frammenta, incapace di una voce unitaria. Francia e Germania si muovono in direzioni opposte, lasciando che prevalga la confusione diplomatica.
Ma la questione centrale resta: il diritto all’esistenza non può essere un privilegio unilaterale. Difendere la sopravvivenza di un popolo non può significare negare quella dell’altro. Se davvero Israele è immagine dell’Occidente, allora l’Occidente ha il dovere di fermarsi e riflettere.